sabato 24 gennaio 2015

"Shakespeare- Monologue"




"Shakespeare":




Text of the monologue: " To Be or Not To Be":


To be, or not to be, that is the question
Whether 'tis Nobler in the mind to suffer 
The Slings and Arrows of outrageous Fortune, 
Or to take Arms against a Sea of troubles, 
And by opposing, end them? To die, to sleep— 
No more; and by a sleep, to say we end 
The Heart-ache, and the thousand Natural shocks 
That Flesh is heir to? 'Tis a consummation
Devoutly to be wished. To die, to sleep, 
To sleep, perchance to Dream; Aye, there's the rub, 
For in that sleep of death, what dreams may come, 
When we have shuffled off this mortal coil, 
Must give us pause. There's the respect 
That makes Calamity of so long life: 
For who would bear the Whips and Scorns of time, 
The Oppressor's wrong, the proud man's Contumely, 
The pangs of despised Love, the Law’s delay, 
The insolence of Office, and the Spurns 
That patient merit of the unworthy takes, 
When he himself might his Quietus make 
With a bare Bodkin? Who would these Fardels bear, 
To grunt and sweat under a weary life, 
But that the dread of something after death, 
The undiscovered Country, from whose bourn 
No Traveller returns, Puzzles the will, 
And makes us rather bear those ills we have, 
Than fly to others that we know not of. 
Thus Conscience does make Cowards of us all, 
And thus the Native hue of Resolution 
Is sicklied o'er, with the pale cast of Thought, 
And enterprises of great pitch and moment, 
With this regard their Currents turn awry, 
And lose the name of Action. Soft you now, 
The fair Ophelia. Nymph, in all thy Orisons,
Be thou all my sins remembered.



Traduzione:






Essere o non essere, questo è il problema:
se sia più nobile d’animo sopportare gli oltraggi,
i sassi e i dardi dell’iniqua fortuna,
o prender l’armi contro un mare di triboli
e combattendo disperderli. Morire, dormire,
nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo
fine al cordoglio e alle infinite
miserie naturale retaggio della carne,
è soluzione da accogliere a mani giunte.
Morire, dormire, sognare forse: ma qui é l’ostacolo,
quali sogni possano assalirci in quel sonno di morte
quando siamo già sdipanati dal groviglio mortale,
ci trattiene: é la remora questa che
di tanto prolunga la vita ai nostri tormenti.
Chi vorrebbe, se no, sopportar le frustate
e gli insulti del tempo, le ingiustizie del tiranno,
il disprezzo dell’uomo borioso, le angosce
del respinto amore, gli indugi della legge,
la tracotanza dei grandi, i calci in faccia che
il merito paziente riceve dai mediocri, quando
di mano propria potrebbe saldare il suo conto
con due dita di pugnale? Chi vorrebbe caricarsi
di grossi fardelli imprecando e sudando sotto il peso
di tutta una vita stracca, se non fosse il timore
di qualche cosa, dopo la morte, la terra sconosciuta
donde mai non tornò alcun viaggiatore,
a sgomentare la nostra volontà e
a persuaderci di sopportare i nostri mali piuttosto che
correre in cerca d’altri che non conosciamo?
Così ci fa vigliacchi la coscienza;
così l’incarnato naturale della determinazione
si scolora al cospetto del pallido pensiero.
E così imprese di grande importanza e rilievo sono
distratte dal loro naturale corso:
e dell’azione smarriscono anche il nome…




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